3 marzo 1033
Etimologia: Cunegonda = che combatte per la stirpe, dall'antico tedesco
Le Chiese d’Oriente e d’Occidente in due millenni di cristianesimo
hanno attribuito l’aureola della santità quale corona eterna a non poche
imperatrici, e talvolta anche ai loro mariti, che sedettero sui troni
di Roma, di Costantinopoli e del Sacro Romano Impero. Santa Cunegonda, oggi
festeggiata, è venerata anche insieme al marito, l’imperatore Enrico II,
la cui festa è però celebrata separatamente al 13 luglio. Le fonti
relative a questa santa sono purtroppo costituite da notizie sparse,
tramandate da alcuni cronisti contemporanei quali Tietmaro di Mersburgo e
Rodolfo il Glabro, nonché da una vita composta da un canonico di
Bamberga oltre un secolo dopo la morte. I genitori diedero alla figlia,
sin dai primi anni, una profonda educazione cristiana. All’età di circa
vent’anni, Cunegonda sposò il duca di Baviera, Enrico appunto, che nel
1002 venne incoronato re di Germania e nel 1014 sacro romano imperatore. Su
questo matrimonio, specialmente al principio del XX secolo, sono sorte
parecchie polemiche: in alcuni testi antichi infatti, tra i quali la
bolla di papa Innocenzo III, si narra che i due coniugi fecero voto di
perpetua verginità e si parlò così di “matrimonio di San Giuseppe” e per
tale motivo a Cunegonda è stato talvolta attribuito il titolo di
“vergine”, ma secondo altri autori moderni una simile qualifica non
corrisponderebbe alle narrazioni di contemporanei come Rodolfo il
Glabro. Secondo quest’ultimo, I fatti, Enrico si accorse della sterilità
della moglie, ma nonostante il matrimoniale germanico ammettesse il
ripudio, non volle usare questo diritto per la grande pietà e santità
che riscontrava nella consorte e preferì continuare a vivere insieme a
lei pur senza speranza di prole. Fu proprio ciò, unitamente alla fama di
santità che circondò i due coniugi, a far nascere in seguito la
leggenda del cosiddetto “matrimonio di San Giuseppe”. Nella Vita e
nella bolla pontificia di canonizzazione si legge che Cunegonda fu
oggetto di una grande calunnia di infedeltà coniugale ed Enrico, per
provarne l’innocenza, decise di sottoporla alla prova del fuoco. La
moglie accettò e passò miracolosamente indenne a piedi nudi sopra vomeri
infuocati. L’imperatore chiese perdono all’augusta consorte per aver
dato troppo credito agli accusatori e da quel momento visse in piena
stima e fiducia nei suoi confronti. Non ci è dato sapere quale validità
storica abbia concretamente questo episodio, resta comunque il suo alto
valore simbolico. Il 10 agosto 1002 a Paderborn Cunegonda fu
incoronata regina e nel 1014 si recò a Roma con il marito per ricevere
la corona imperiale dalle mani di papa Benedetto VIII, il 14 febbraio di
quell’anno. La vita dell’imperatrice costituì un mirabile esempio di
carità, umiltà e mortificazione, virtù che la caratterizzarono in
molteplici manifestazioni. Assecondata dal pio marito, nel 1007 fece
erigere il duomo di Bamberga e nel 1021 il monastero di Kaufungen,
fondato in seguito ad un voto fatto durante una gravissima malattia da
cui uscì pienamente ristabilita. Proprio in questo monastero benedettino
volle ritirarsi nel 1025, addolorata per la perdita del marito. Nel
giorno anniversario della morte di Enrico II, Cunegonda convocò parecchi
vescovi per la dedicazione della chiesa di Kaufungen, cui donò una
reliquia della Santa Croce. Dopo la lettura del Vangelo, si spogliò
delle insegne e degli abiti imperiali, si fece tagliare i capelli e
vestì il rozzo saio benedettino. Continuò, come già aveva fatto in
precedenza, a spendere il suo patrimonio nell’edificazione di nuovi
monasteri, decorando chiese ed aiutando i poveri. Intrapresa dunque la
vita monastica, visse in assoluta umiltà come se mai fosse stata
addirittura imperatrice. Prese a trascorrere gran parte delle sue
giornate in preghiera e nella lettura delle Sacre Scritture, non
disdegnando però i lavori manuali ed i servizi più umili. Un compito
assegnatole che gradì particolarmente fu la visita alle consorelle
ammalate per portare loro conforto ed assistenza. Si distinse inoltre
per la pratica severa della penitenza: assumeva infatti esclusivamente il
cibo indispensabile per sopravvivere, rifiutando ciò che poteva
solleticare in qualche maniera il palato. Sino al termine dei suoi
giorni Cunegonda condusse questo stile di vita. Morì infine il 3 marzo
di un anno imprecisato, generalmente viene preferito il 1033 anziché il
1039. Le sue spoglie mortali trovarono degna sepoltura presso quelle del
marito nella cattedrale di Bamberga. Nei primi anni non fu oggetto di
grande culto, ma dal XII secolo la venerazione nei suoi confronti crebbe
grandemente fino a superare quella tributata già in precedenza ad
Enrico. La causa di canonizzazione fu introdotta sotto il pontificato di
Celestino III, ma solo Innocenzo III con bolla del 29 marzo 1200 ne
approvò ufficialmente il culto. Nella diocesi di Bamberga nel XV secolo
ben quattro solenni celebrazioni erano dedicate alla memoria della santa
imperatrice: il 3 marzo (anniversario della morte), il 29 marzo
(anniversario della canonizzazione), il 9 settembre (traslazione delle
reliquie) ed il 1° agosto (commemorazione del primo miracolo).
Autore: Fabio Arduino
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