San Pancrazio Martire
- Memoria Facoltativa
Sinnada, Frigia, Asia Minore, 289 circa – Roma, 12 maggio 304
Etimologia: Pancrazio = lottatore, dal tipo di sport greco
Emblema: Palma
Consumatosi
così il martirio del ragazzo, Ottavilla, illustre matrona romana,
raccolse il capo ed il corpo, li unse con balsami, li avvolse in
preziosi lini e li depose in un sepolcro nuovo, appositamente scavato
nelle già esistenti Catacombe del suo predio. Sul luogo del martirio
leggiamo ancora oggi: “Hic decollatus fuit Sanctus Pancratius” (Qui fu
decollato San Pancrazio). In seguito il capo del martire fu posto nel
prezioso reliquiario che ancor oggi si venera nella Basilicali San
Pancrazio. I resti del corpo del piccolo martire, invece, sono
conservano nell’urna posta sotto l’altare maggiore insieme alle
reliquie di altri martiri. La “Passio sancti Pancratii” è giunta sino
a noi in diverse redazioni differenti tra loro, ma ciò non deve
meravigliare, in quanto i codici sono dipendenti l’uno dall’altro,
venivano trascritti a distanza di tempo e spesso il copista abbelliva a
proprio gusto il testo su cui lavorava. Un incalcolabile numero di
manoscritti contenenti la suddetta leggenda è custodito in numerose
biblioteche d’Italia e d’Europa, motivo per cui risulterebbe impresa
ardua se non impossibile il tentare un raffronto ed una classificazione
dei codici originali. Dall’iconografia del santo, che sovente viene
raffigurato come un giovane soldato, nasce un’altra curiosità.
Bisogna chiarire innanzitutto come a quel tempo la carriera militare
era certamente la più promettente per i giovani rampolli delle nobili e
ricche famiglie come quella di Pancrazio, in un impero che della
guerra aveva fatto la sua fortuna oltre che il mezzo per sottomettere
il mondo. Non avendo però validi motivi per affermarlo, è preferibile
ipotizzare che l’abito e la posa del combattente nelle quali egli
viene posto siano motivati dall’etimologia del suo nome che significa
in greco “lottatore”, che in questo caso farebbe riferimento alla
lotta da lui combattuta per testimoniare la fede cristiana. San
Pancrazio, patrono dei Giovani di Azione Cattolica, è stato
indubbiamente uno dei santi più popolari non solo a Roma ed in Italia,
ma anche all’estero. A lui sono stati dedicati chiese e monasteri:
quello di Roma venne fondato da San Gregorio Magno e quello di Londra
da Sant’Agostino di Canterbury, che da il nome anche ad una stazione
della metropolitana londinese. Degno di nota è anche il santuario di
San Pancrazio presso Pianezza, nella prima cintura torinese, legato ad
un fatto miracoloso avvenuto il 12 maggio 1450 al contadino Antonio
Casella. Questi, mentre falciava il prato tagliò inavvertitamente un
piede alla moglie, venuta a portargli qualcosa da mangiare. I coniugi,
angosciati, pregarono il Signore e furono confortati dall’apparizione
di San Pancrazio che promise la pronta guarigione in cambio
dell’erezione di un luogo di culto. Nacque così un pilone votivo che si
ampliò sino a divenire il grande santuario ancora oggi meta di
pellegrinaggi. Non bisogna però confondere il fanciullo martire romano
venerato a Pianezza con un altro santo omonimo venerato in Piemonte,
che nel grande dipinto del Santuario di Castelmagno (Cn) è raffigurato
insieme ai santi Maurizio, Costanzo, Ponzio, Magno, Chiaffredo e
Dalmazzo in abiti militari, quali presunti soldati della mitica Legione
Tebea. San
Pancrazio nacque a Sinnada, cittadina della Frigia in Asia Minore. I
suoi ricchi genitori erano di origine romana: la madre Ciriada morì nel
parto, mentre il padre Cleonia lo lasciò orfano all'età di otto anni,
affidandolo però allo zio Dionisio perché ne curasse l’educazione e
l’amministrazione dei beni. Entrambi, Pancrazio e Dionisio, si
trasferirono a Roma per risiedere nella loro villa patrizia sul Monte
Celio. Qui vennere a contatto con la comunità cristiana di Roma e
chiesero di poter essere iniziati alla fede. La scoperta di Dio e di
Cristo infiammò a tal punto il cuore del giovane e dello zio, che i due
chiesero in breve tempo il Battesimo e l’Eucaristia. Scoppiò nel
frattempo la feroce persecuzione di Diocleziano, era l’anno 303 d.C., ed
il terrore dalle province dell’impero giunse sino a Roma, falciando
ogni persona che avesse negato l’incenso agli dèi romani o la divinità
dell’imperatore. Anche Pancrazio fu chiamato a sacrificare, per
esprimere la sua fedeltà a Diocleziano, ma rifiutandosi fermamente fu
condotto dinnanzi all’imperatore per essere giudicato. Diocleziano,
sorpreso “dall’avvenenza giovanile e bellezza di lui, adoperò ogni arte
di promesse e minacce per fargli abbandonare la fede di Gesù Cristo”.
La costanza della fede di Pancrazio meravigliò l’imperatore e i
cortigiani presenti all’interrogatorio, suscitando lo sdegno
dell’imperatore che non esitò ad ordinare la decapitazione
dell’intrepido giovane. Condotto fuori Roma, sulla via Aurelia la sera
del 12 maggio 304 sul tempio di Giano, Pancrazio porse la testa al
titubante carnefice, riconsegnando così la propria vita a Dio.
Fabio Arduino
Nessun commento:
Posta un commento