sabato 2 aprile 2016

Hans Christian Andersen

 


 è stato uno scrittore e poeta danese, celebre soprattutto per le sue fiabe. Tra le sue opere più note vi sono La principessa sul pisello (1835), Mignolina (1835), La sirenetta (1837), La regina delle nevi (1844), Il soldatino di stagno, Il brutto anatroccolo e La piccola fiammiferaia (1845).
Nasce nei quartieri poveri a Odense, in Danimarca, nell'isola di Fionia, figlio di un calzolaio che fabbricava scarpe, Hans  e di Anne Marie Andersdatter, più anziana del marito di quasi quindici anni. L'intera famiglia, di cui fa parte anche una sorellastra, Karen Marie, avuta nel 1799 dalla madre, vive in una singola stanza in condizioni di estrema miseria, nella casa dove già abitava la nonna materna che accoglie i due genitori circa nove mesi dopo la nascita di Hans Christian perché possano coabitare. A ogni buon conto, cosa non insolita per l'epoca nelle classi povere urbane, la famiglia, oltre che indigente, è segnata da altri disagi sociali e relazionali interni: i genitori di Hans hanno una bisnonna in comune; la nonna materna, Anna Sørensdatter, ha avuto tre figli fuori dal matrimonio, tra cui la madre di Hans Christian; il nonno paterno, A. H. Traes, è conclamatamente disturbato psichicamente e lo scrittore temerà a lungo di aver ereditato tale tara, mentre la zia materna gestisce un bordello. Ciononostante, fin dalla prima infanzia, la realtà in cui è costretto a vivere deve apparire al futuro scrittore come un mondo di fiaba: non a caso intitolerà la sua seconda autobiografia La fiaba della mia vita. La vita a Odense, città di provincia, è ancora un vecchio mondo, quindi, paragonato a una società che cambia e anche rapidamente nella Copenaghen dell'epoca. Oltre a ciò, è fuor di dubbio che su tale impressione influisca anche il rapporto del tutto particolare con il padre e la madre. Il primo, che aveva ventidue anni al momento della nascita di Hans, è così povero da dover adattare a letto nuziale i resti di un catafalco acquistato a un'asta pubblica. Tuttavia è uomo generoso, stravagante, ama la musica, nutre aspirazioni e gusti superiori alla sua condizione e si ritiene nato per qualcosa di più alto che l'attività di ciabattino, passando le proprie giornate a leggere o a girovagare per i boschi anziché esercitare il mestiere. Anche grazie al padre, i primi anni di Hans Christian sono ricchi di frequentazioni letterarie e sollecitazioni fantastiche. Egli gli legge sovente brani di commedie e racconti tratti da Le mille e una notte. Di conseguenza, il bambino passa gran parte del tempo a mettere in scena spettacoli in un suo teatrino delle marionette. La madre, dal canto suo, asseconda questo tipo di rapporto e, pur essendo analfabeta, intrattiene spessissimo il figlio con racconti popolari e narrazioni di leggende tradizionali. Forse ancor più del padre, crede nelle possibilità del figlio, ritenendolo segnato dal destino: probabilmente, soprattutto in ragione della profezia di una vecchia strega del paese che le ha predetto: "Un giorno Odense si illuminerà a festa per ricevere tuo figlio". Andersen è a conoscenza di questa fausta predizione. In questi anni (1810-1811), Andersen frequenta scuole materne private, destinate soprattutto ai piccoli di famiglie ebree. In cerca di fortuna e con l'aspirazione a diventare tenente, il padre abbandona tuttavia la famiglia per arruolarsi nell'esercito e prendere parte alle campagne militari di Napoleone, di cui all'epoca i danesi sono alleati. Ne torna gravemente ammalato e nel 1816 muore. A soli undici anni Andersen rimane pertanto orfano, mentre la madre vedova (si risposerà in breve) comincia il mestiere di lavandaia, diventando ben presto alcolista. Hans cresce dunque lasciato pienamente a se stesso, imparando stentatamente a leggere e a scrivere durante le scarse e brevi esperienze scolastiche, soprattutto nelle scuole di carità della città natale. Spinto da un'indole schiva e pervaso di una sensibilità accesa e morbosa, raramente frequenta i propri coetanei, preferendo restare sdraiato in solitudine all'ombra dell'"unico cespuglio di uvaspina" nel cortile di casa o seguendo i ruscelli, aggirandosi per la campagna (vedi la fiaba de Il brutto anatroccolo), fantasticando in assoluta libertà. Spesso si ferma ad ascoltare le storie popolari, le fiabe, le leggende che le vecchie dell'Ospizio di Odense amano raccontarsi tra loro e a Hans, da cui quest'ultimo rimane colpito e incantato.
Una volta cresimato nel 1819, all'età di 14 anni, il ragazzo decide di lasciare Odense e di trasferirsi a Copenaghen in cerca di migliori opportunità di vita con la determinazione a diventare un "grand'uomo": in particolare, con la segreta ambizione di intraprendere la carriera di attore. L'attività letteraria di Andersen, piuttosto vasta tra il 1854 e il 1879, comprendono ben trentatré volumi comincia, di fatto, alla fine degli anni venti del XIX secolo e coincide sostanzialmente con il termine del periodo di studi. Gli esordi sono incerti; spesso segnate da una costante ricerca alla scoperta delle vere, personali attitudini, seguendo svariati generi. Solo nella primavera del 1833, riesce a ottenere una borsa si studio, per affrontare quel Grand Tour tanto desiderato, vero viaggio iniziatico, che lo porterà, dal mese di aprile e fino all'agosto del 1834 in Francia e in Italia. Già dal 1835 appare la prima pubblicazione di Fiabe, che costituiranno la sua produzione più importante, sebbene non subito riconosciuta come tale. Con cadenza quasi annuale, le pubblicazioni si succedono fino al 1872. Nel giugno del 1847, Andersen visita l'Inghilterra dove ottiene un'accoglienza trionfale. Questo viaggio segna una vera e propria svolta nello sviluppo letterario dello scrittore. Alcuni romanzi e fiabe erano già stati tradotti tra il 1845 e il 1847 in lingua inglese e numerose riviste letterarie britanniche avevano favorevolmente recensito tali opere. Conquistato il successo, Andersen continua a scrivere moltissimo, anche per il teatro, sebbene un numero notevole di opere usciranno dopo la sua morte. Inoltre, non recede dal viaggiare, producendo diversi resoconti. Nel 1870, scrive il suo ultimo romanzo Peer fortunato, ritornando a uno dei temi a lui cari ossia il giovane povero e geniale destinato al successo, ma piegando il finale a un momento eroico: il protagonista è stroncato da un infarto, mentre canta in un'opera da lui composta. Nonostante il prestigio e il successo delle sue opere, Andersen versa in condizioni di semi indigenza economica. Numerosi i sostegni in denaro che gli arrivano dalla Danimarca e dagli Stati Uniti e da altri Paesi europei. Pur commosso dalla solidarietà dei lettori, dichiarò: "Non posso accettare alcun dono che provenga da altri individui. Diversamente, anziché sentimenti di orgoglio e gratitudine, proverei umiliazione". Nella primavera del 1872, Andersen cade dal letto facendosi molto male. Non si riprende mai del tutto. A testimonianza del perdurare anche in vecchiaia di una sensibilità instabile e contraddittoria nello scrittore, in una lettera del 1873, indirizzata a Edward Collin, Andersen annoterà: "È meraviglioso avere degli amici a questo mondo, amici come quelli che ho io", alla fine dello stesso anno, in un altro scritto, si esprimerà così: "Non vedo progresso, non vedo futuro. Se la vecchiaia è questo, è terribile". Nel 1874 posa per una scultura che gli fu eretta. Per il suo settantesimo compleanno gli vengono tributati onori da tutto il mondo da parte dei suoi lettori. Andersen spira il 4 agosto 1875, in pace, in una casa chiamata Rolighed (letteralmente: quiete) nei dintorni di Copenaghen. Il suo corpo viene deposto nel cimitero retrostante la chiesa dell'Assitenza nell'area della capitale danese nota come Nørrebro.

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