sabato 30 aprile 2016

Buon 1° MAGGIO a tutti voi

 

Buongiorno Amici
Peccato per i Lavoratori che la festa è capitata di Domenica
Ma pazienza va festeggiata comunque.
Buongiorno a chi lavora .
Buongirno a chi va all'asilo,a chi va a scuola e via,via a chi studia seriamente
Buongiorno a chi è in pensione
Buongiorno al nostro Papa Francesco
Buongirno a preti che si battono per la povertà e l'ingiustizie
Buongiorno alle Suore che accolgono i poveri e i senza tetto
Buongiorno a chi è in prigione ed è innocente o si è pentito
Buongiorno ai drogati e agli alcolisti che stanno smettendo
Buongiorno a chi è appena nato o è piccolo
Buongiorno a chi è malato a casa e in ospedale
Buongiorno ai vecchi che sono fontr di saggezza
Buongiorno a chi è scappato dalle guerre
Buongiorno a chi si stà svegliando di sotto a dei cartoni.
Buogiorno a chi pensa come procurarsi il cibo per oggi.
Buongiorno a tutti gli orfanelli negli istituti
Buongiorno a chi fa volontariato
Buongiorno a chi oggi lavora nonostante sia la sua festa.
Buongiorno alle Mamme e ai Papà che sono in cielo ed hanno combattuto perchè noi fossimo liberi
Buongiorno Mondo scusaci per averti rovinato
Buongiorno Sole ..esci fuori e riscalda il ♥ di tutti noi!
Buon 1° MAGGIO a tutti <3 e scusatemi se ho tralasciato involontariamente qualche categoria
Lucia

Buonanotte Amici cari


Buonanotte Amici cari
vi sorridano le stelle!
Fate sogni belli e vari
con migliaia di fiammelle!
 
Tutte accese per la pace,
tutte accese per il mondo.
E ai bambini che tanto piace,
faranno tutti un girotondo.
 
Tutti insieme in allegria
per un popolo giocondo.
Scancelliamo l'ipocrisia
e salviamo questo mondo.
 
Vogliamoci  tanto bene
e stringiamoci le mani,
allevieremo le  pene.
di oggi e di domani.
 
Vi saluto amici belli
siate sempre generosi,
un giorno i nostri fratelli
non saran più  bisognosi.
 
Diamo affetto a piene mani,
riceveremo in cambio amore
siamo tutti esseri umani
anche se di un'altro colore.
 
Rosso, Giallo, Nero o Bianco ,
conta  il cuore e non la pelle
e se staremo fianco a fianco
saremo tutti, fratelli e sorelle.
 
Lucia
 




ed ebbe inizio il canto di Napoli. 1700/1800


Con la Canzone  Santa Lucia   autore Anonimo saremmo nel 1793: Le mie ricerche non tornano con l'anno  però questo ho trovato.
SANTA LUCIA, UNA CANZONE BILINGUE
La storia della celebre barcarola e del suo autore,
un napoletano di origine francese 

A Teodoro Cottrau va attribuita la paternità della notissima canzone Santa Lucia, pubblicata nel 1850, per comporre la quale si ispirò probabilmente all’aria “Com’è bello, quale incanto” della Lucrezia Borgia di Donizetti.  I versi del brano celebrano il pittoresco aspetto del rione marinaro di Santa Lucia, intonati da un barcaiolo che invita a fare un giro sulla sua barca, per meglio godere il fresco della sera. La canzone scritta in napoletano ebbe scarso successo: la popolarità voltò le spalle ai versi originali in dialetto, tanto che lo stesso Cottrau pensò ad una versione in lingua italiana, con i testi di Enrico Cossovich, trasformandola nella prima canzone napoletana tradotta nell’idioma dantesco. La rinnovata composizione divenne immediatamente un successo nazionale, conoscendo un trionfo che la proiettò di lì a poco fuori dalla penisola. Ancora oggi la si ritrova nei repertori musicali dei migliori cantanti al mondo, sia lirici che leggeri.


Santa Lucia: il testo nel dialetto napoletano
Anonimo / Teodoro Cottrau

Comme se frícceca
la luna chiena...
lo mare ride,
ll'aria è serena...
Vuje che facite
'mmiez'a la via?
Santa Lucia!
Santa Lucia!

Stu viento frisco,
fa risciatare,
chi vò' spassarse
jènno pe' mare...
E' pronta e lesta
la varca mia...
Santa Lucia!
Santa Lucia!

La tènna è posta
pe' fá na cena...
e quanno stace
la panza chiena,
non c'è la mínema
melanconia!
Santa Lucia!
Santa Lucia!

Pòzzo accostare
la varca mia?
Santa Lucia!
Santa Lucia!...

Santa Lucia: il testo in lingua italiana

Sul mare luccica
l’astro d’argento.
Placida è l’onda;
prospero è il vento.
Venite all’agile
Barchetta mia!
Santa Lucia, Santa Lucia

Con questo zeffiro
così soave,
oh! Com’è bello
star sulla nave!
Su passeggeri
venite via!
Santa Lucia, Santa Lucia.

In’ fra le tende
bandir la cena,
in una sera
così serena.
Chi non dimanda,
chi non desia;
Santa Lucia! Santa Lucia!

Mare sì placido,
vento sì caro,
scordar fa i triboli
al marinaro.
E va gridando
con allegria:
Santa Lucia! Santa Lucia!

O dolce Napoli,
O suol beato,
Ove sorridere,
Dove il creato,
Tu sei l’impero
Del armonia,
Santa Lucia, Santa Lucia!

Or che tardate,
bella è la sera.
Spira un auretta
fresca e leggiera.
Venite all’agile
barchetta mia!
Santa Lucia, Santa Lucia.

Aprile dolce dormire -




April, dolce dormire.
E, caldi, caldi; voi
fingete non sentire
la mamma e i baci suoi.

Eppur son già quattr'ore
che gli uccellini a frotte
 cantan sui rami in fiore
i sogni della notte.

Levatevi! C'è il sole
che splende allegramente
nel cielo azzurro e vuole
 tutto scaldar la gente.


Mazzoni Guido


 ( Firenze 1859 -1943), Critico   letterario, storico  della  letteratura e poeta.
Compì i suoi studi a Bologna con G.Carducci e tenne  la  cattedra  di letteratura italiana nelle università di Padova, Firenze.Presidente della Accademia della Crusca, fu  senatore del Regno dal 1910 e membro  dell’ Accademia  nazionale dei Lincei dal 1927.Allo studio critico unì l’esercizio  vivo  della  poesia,  dedicandosi  anche alla traduzione , autori classici. Autore fondamentale di manuali scolastici di letteratura italiana,greca, latina e di letterature  straniere, tra  i  suoi saggi critici  si  ricordano 
G.  Parini  ( 1897 ), 
Discorso sulla   Divina  Commedia (1897),
Giosuè Carducci (1901),
Glorie e  memorie  dell’arte e della civiltà d’Italia: discorsi  e letture  (1905), 
Abati,  soldati, autori,  attori  del  Settecento  (1924);
della  sua produzione poetica si citano le raccolte Poesie
(1882), Cinquanta epigrammi (1910 ), Liber,libri e libertà (1919)

30 aprile San Giuseppe Benedetto Cottolengo


 
 Sacerdote  
Bra, Cuneo, 3 maggio 1786 – Chieri, Torino, 30 aprile 1842
 Etimologia: Giuseppe = aggiunto (in famiglia), dall'ebraico
  Giuseppe Benedetto nacque a Bra primogenito di dodici fratelli, da un modesto esattore del pubblico erario. Dalla mamma ereditò quel tenero amore per i poveri e i malati che lo contraddistinse per l’intera vita. Quando il figlio aveva cinque anni ella lo sorprese a misurare le pareti di una stanza, che egli già sognava di poter riempire di letti per i sofferenti non appena ne avesse avute le possibilità. All’età di soli dieci anni Giuseppe si propose di vivere alla presenza di Dio e di farsi santo. Trasportato da un innato fervore religioso, di giorno era solito animare la casa con i canti imparati in parrocchia ed alla sera, al suono di un ferro di cucina, richiamava i familiari a pregare dinanzi al quadro della Vergine Maria. Già terziario francescano, il 2 ottobre 1802 il Cottolengo ricevette la veste talare dalle mani del parroco. Nel 1805 entrò nel seminario di Asti sino all’ordinazione presbiterale che gli fu conferita l’8 giugno 1811. Rendendosi conto della deficienza degli studi teologici chiese con insistenza di poter integrare i suoi studi a Torino. Nel 1816 finalmente conseguì così il dottorato in teologia. Nel 1818 ricevette la nomina a canonico della basilica torinese del Corpus Domini, dove per nove anni profuse instancabilmente le sue forze.  Divenne così ben presto l’apostolo della confessione, il consolatore dei malati ed il soccorritore dei poveri. A questi ultimi donava tutto quanto gli fosse possibile: i compensi delle predicazioni, le elemosine delle Messe, i regali ricevuti dalla famiglia e le elargizioni dei bottegai. Per sollevare dalla miseria il più grande numero possibile di indigenti il Cottolengo persino d’inverno faceva economia nel proprio abbigliamento e nel riscaldamento.Il Cottolengo percepiva però che quella non era veramente la sua vocazione ed ipotizzò di essere chiamato alla vita religiosa, ma il suo confessore Padre Fontana, gli disse apertamente: “Voi sarete  un povero sacerdote di Torino, perché Dio vuole servirsi di voi per opere di sua gloria”. Dopo aver letto la vita di San Vincenzo de’ Paoli, il Cottolengo comprese allora che la sua vera strada era quella della carità. La definitiva vocazione gli fu svelata da un pietoso episodio nel settembre 1827, quando la famiglia Gonet, con tre bambini, transitante da Milano a Lione, aveva trovato ristoro in un’osteria della parrocchia del Corpus Domini. La moglie si disponeva già a ripartire, quando, colta da grave malore, morì assistita dal “Canonico buono” dopo essere stata respinta dall’ospedale dei tubercolotici poiché incinta e dall’ospizio di maternità in quanto malata. Il santo pensò allora di istituire un ricovero che potessero spalancare le porte ad ogni sorta di infelici. L’opera prese il via il 17 gennaio 1828 con quattro letti in alcune stanze affittate nella casa detta della Volta Rossa. I primi collaboratori furono il medico Lorenzo Granetti, il farmacista regio Paolo Anglesio e dodici visitatrici dei malati dette “Dame di Carità”, che riunì sotto la direzione della ricca vedova Marianna Nasi. Quando a Torino nel 1831 scoppiò il colera, l’ospedaletto fu chiuso a causa del pericolo di contagi. Il Cottolengo, comprò un casetta a Valdocco, proprio nella zona ove poco dopo sarebbe fiorite anche le opere fondate da Giulia di Barolo e San Giovanni Bosco, e vi si trasferì il 27 aprile 1832 con due suore ed un canceroso, adagiato su di un carretto trainato da un asinello. Queste furono le umilissime origini della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Il vasto terreno, con l’aiuto di parecchi benefattori e specialmente del Cavalier Ferrero, si costellò ben presto di vari ospedaletti, asili e orfanotrofi. L’unico valido mezzo per portare a compimento la grandiosa opera fu un’illimitata fiducia nella Provvidenza Divina, invocata con costante orazione, e nessuna diretta richiesta fu mai rivolta alla generosità dei torinesi o della corte. Nel 1833 il re Carlo Alberto di Savoia eresse l’opera ad ente morale e nominò il Giuseppe Benedetto Cottolengo cavaliere dell’Ordine Mauriziano. Il santo accettò sentenziando: “Passino i doni ai miei poveri. Io ritengo la croce. Provvidenza e croce sono due cose che vanno unite”. Al termine dell’anno era già pronto un primo grande ospedale da 200 posti letto, al quale ne seguì un altro per tutti i soggetti rifiutati dalla società. Egli stesso riceveva i malati alla porta a capo scoperto, per affidarli alle suore dicendo: “Sono doni di Dio. Siano le vostre pietre preziose”. Al servizio di questa nascente cittadella della carità, il Cottolengo istituì nel 1833 le Suore Vincenzine; nel 1841 le Suore della Divina Pastora per curare la preparazione delle ricoverate ai sacramenti; nel 1839 le Suore Carmelitane Scalze dedite alla via contemplativa; nel 1840 le Suore del Suffragio per i lavori di cucito e le Suore Penitenti di Santa Taide per la conversione delle traviate; infine nel 1841 le Suore della Pietà per assistere i morenti. Era solito ripetere alle sue più strette collaboratrici: “Presenza di Dio, occhi bassi, testa alta, abitino al collo e rosario al fianco. Così, in mezzo ad un reggimento di soldati, sarete senza timore”. Per l’assistenza ai malati di sesso maschile istituì i “Fratelli di San Vincenzo”, per l’amministrazione dei sacramenti i “Sacerdoti della Santissima Trinità”, nonché il reparto giovanile dei “Tommasini”, cioè seminaristi aspiranti al sacerdozio. A tutti ripeteva spesso: Ciò che tiene in piedi la Piccola Casa sono le preghiere e la comunione”. Infatti, quando era a corto di viveri o di soldi, il santo era solito inginocchiarsi ai piedi della Vergine ed ottenere così infallibilmente tutto quanto gli occorreva. Dio gli aveva addirittura concesso il dono di leggere nei cuori altrui, di prevedere il futuro e di conoscere anche le circostanze della propria morte. Nel febbraio 1842 il santo passò diverse settimane a sbrigare affari che non parevano urgenti, dopodichè visitò tutte le case che aveva fondato ed ovunque lasciò chiaramente intendere che quello era il suo ultimo addio. “Pregate per me, che sono alla fine dei miei giorni. Vi benedico per l’ultima volta. Ora non posso più nulla per la Piccola Casa, ma giunto in cielo pregherò e continuerò ad essere il vostro padre, e voi ricordate le parole che vi disse questo povero vecchio”. Il 21 aprile 1842 affidò al Canonico Luigi Anglesio la direzione della sua opera per potersi ritirare presso il fratello, canonico nella collegiata di Chieri. In tale città morì santamente nel letto che dodici ani prima si era fatto preparare, dopo aver esclamato: “Mi sono rallegrato perché mi è stato detto: Andiamo nella casa del Signore”. Giuseppe Benedetto Cottolengo fu sepolto a Torino nella Piccola Casa, in una cappella della chiesa principale, dove riposa ancora oggi. In seguito ai numerosi miracoli verificatisi per sua intercessione, il pontefice Benedetto XV lo beatificò il 28 aprile 1917 e Pio XI infine lo canonizzò il 19 marzo 1934.
 
 
Autore: Fabio Arduino

venerdì 29 aprile 2016

OGGI Sabato, 30 Aprile 2016


È il 121º giorno del calendario gregoriano 
Mancano 245 giorni alla fine dell'anno.

LA CHIESA RICORDA
Santi e Beati
S. Pio V
S. Giuseppe Benedetto Cottolengo, Beato Benedetto
da Urbino (Marco Passionei), San Donato di Evorea
San Giuseppe Tuan, San Guglielmo Southerne,
San Lorenzo di Novara, Beata Maria
dell'Incarnazione Guyart, Beata Paolina von Mallinckrodt,
Beato Pietro Diacono (Levita), San Pomponio di Napoli,
San Quirino, Martire, venerato a Neuss
 
PROVERBIO
Chi getta un seme lo deve coltivare,
se vuol vederlo col tempo germogliare
 
FRASE DEL GIORNO
Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che
incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come sei! Quindi
vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un’opera di teatro,
ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni
giorno della tua vita prima che l’opera finisca priva di applausi.
(Charlie Chaplin)
 
PENSIERO DEL MATTINO
L’ottimista è una persona che ordina una dozzina di ostriche nella
speranza di poterle pagare con la perla che troverà in una di loro.
(Theodor Fontane)
 
MASSIMA DEL GIORNO DIVERTENTE
Un mio amico ha un ottimo cane da guardia.
A ogni rumore sospetto, lui sveglia il cane e
il cane comincia ad abbaiare.
(Renato Pozzetto)


 

Segui allegria e buon animo da oggi, Felice Sabato


*
La cosa più brutta che possiamo fare
è mettere un'etichetta ad una persona
senza conoscerla a fondo
e solo per sentito dire..
...Riflettiamo.. .perchè dopo.....
.... quell'etichetta non gliela toglieremo più
e saremo sempre prevenuti.
Lucia.

Buonanotte!

 
Vi auguro di trovare sempre una luce per mandar via l'ombra della tristezza,
dell'invidia e
della cattiveria.
Vi auguro di avere sempre motivi di amare,
qualcuno,
qualcosa,
il mondo intero.
Non rinunciate mai a sognare,

sia di giorno che di notte.
I sogni rendono vivi e accorciano la notte.

Lucia (◔◡◔)

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Caterina de' Medici

 
Caterina Maria Romula di Lorenzo de' Medici,
(Firenze, 13 aprile 1519 – Castello di Blois, 5 gennaio 1589),
fu regina consorte di Francia, dal 1547 al 1559, come sposa di Enrico II di Francia, e reggente. Nota, dal 1559, come la regina madre, ebbe una grande e duratura influenza nella vita politica dello Stato. Unica figlia di Lorenzo II de' Medici  duca d'Urbino, e di Madeleine de la Tour d'Auvergne, morti entrambi nell'anno della sua nascita, portava nelle sue vene sangue francese e italiano. Sposa di Enrico II, fu madre di Francesco II, Carlo IX, e di Enrico III. Il suo bisnonno paterno era Lorenzo il Magnifico e il papa Leone X, quindi, era suo prozio. Prima regina, poi reggente di Francia, Caterina de' Medici è una figura emblematica del XVI secolo. Il suo nome è legato alle guerre di religione che si combatterono in Francia negli anni del suo regno. Una sorta di leggenda nera che la perseguita da tempo immemorabile ne ha fatto una persona austera, vendicativa, attaccata al potere e persino malvagia, pronta a qualunque espediente pur di raggiungere i suoi scopi, secondo i dettami de Il Principe, opera che Machiavelli aveva dedicato al padre. Caterina  viene piuttosto considerata una delle maggiori sovrane di Francia, sostenitrice della tolleranza civile, che pur compiendo diversi errori di valutazione, tentò di seguire una politica di conciliazione con l'aiuto dei propri consiglieri, animata in primo luogo dal desiderio di assicurare la continuazione della dinastia Valois. Il suo ruolo nel massacro della notte di San Bartolomeo, tuttavia, contribuisce ancora oggi a farne un personaggio controverso. Sembra che il nome Caterina le sia stato dato in memoria di Caterina Sforza, la madre di Giovanni dalle Bande Nere, il quale aveva sposato Maria Salviati, riunendo così i due rami della famiglia Medici. Maria omaggiava la Vergine e Romula le era stato assegnato in onore del patrono di Fiesole. La madre morì pochi giorni dopo la sua nascita. Il padre, anch'esso malato da tempo, molto probabilmente di sifilide, la seguì in maggio. Le fortune dei Medici sembravano infatti bruscamente terminate con la morte precoce dell'erede designato, che aveva lasciato dietro di sè solo un'infante dopo un matrimonio assai ben progettato. Tuttavia si rialzeranno da lì a breve, secondo il motto di famiglia dai tempi di Lorenzo il Magnifico: le temps revient, "la primavera ritorna". Caterina venne cresciuta da sua nonna Alfonsina Orsini, poi venne posta sotto la tutela delle vecchie zie di famiglia. In particolare i cugini Strozzi ricoprirono le veci di fratelli nella sua infanzia. Unica erede della fortuna dei Medici, prese il titolo di duchessa d'Urbino, che le valse il nome di "duchessina" da parte dei fiorentini. Beneficiò della protezione dello zio papa Leone X, poi soprattutto  quello di Clemente VII, uno dei suoi cugini, eletto papa nel 1523. Nel 1529 fu presa in ostaggio dai fiorentini (aveva otto anni) e subì l'assedio di Firenze da parte delle truppe pontificie. Resterà per tutta la vita marchiata da questa crudeltà politica. Passò una parte della sua infanzia in un convento di religiose come ostaggio prima di raggiungere suo zio ed i suoi cugini a Roma. A Roma ricevette un'educazione molto curata e dimostrò ottime doti intellettive, che si sposava con quello più tardi dimostrato per l'astrologia. Fu coinvolta nelle trame tra il papa e Francesco I di Francia, che mirava a riacquisire in Italia l'influenza persa nella disfatta di Pavia anche tramite un matrimonio tra Caterina e il suo secondogenito Enrico, duca di Orleans, di pari età. La ricca dote di Caterina avrebbe contribuito oltretutto a colmare il debito delle finanze francesi.Il matrimonio tra Caterina ed Enrico d'Orleans ebbe luogo il 28 ottobre 1533 e venne seguito da festeggiamenti grandiosi. Le nozze furono consumate la notte stessa, con grande felicità del re di Francia e del pontefice, che vedevano in questo modo suggellati i loro reciproci accordi politici. L'alleanza con il papa di fatto non ebbe mai valore a causa della morte di quest'ultimo, sopraggiunta l'anno successivo. Nei primi tempi del matrimonio Caterina non occupava che un piccolo spazio a Corte. Ma il 10 agosto 1536 il primogenito di Francesco I, Francesco di Francia, morì. Caterina divenne Delfina e duchessa titolare di Bretagna e prese gradatamente il proprio posto nella Corte. Ma Caterina ed Enrico non avevano ancora eredi. Su Caterina incombeva dal 1538 la minaccia di un ripudio, ma ricevette l'appoggio inatteso di Diana di Poitiers, della propria cugina e di quella di Enrico. È in quest'epoca che Caterina scelse il proprio emblema: la sciarpa d'Iris (l'arcobaleno). Temette sempre più di essere ripudiata. Alla fine partorì nel gennaio 1544 un erede: Francesco, il futuro Francesco II di Francia. Avrà dieci figli, dei quali sette sopravvivranno oltre l'infanzia. Quando Francesco I morì, nel marzo del 1547, Enrico d'Orléans divenne Enrico II e Caterina regina di Francia. Accadde allora una completa ridistribuzione delle carte. All'inizio, Caterina competeva con Diana di Poitiers, ma questa ben presto ricevette tutti gli onori: fu insignita del titolo di duchessa del Valentinois. Caterina riunì attorno a sé una corte sempre più italiana. Il 10 giugno 1549 Caterina fu ufficialmente consacrata regina di Francia nella basilica di Saint-Denis. A partire dal 1552, Enrico II riprese i combattimenti a est del regno.Durante questo periodo, Caterina fu nominata reggente e controllava l'approvvigionamento e i rinforzi delle armate. Poco dopo, venne inviata dal re al parlamento di Parigi a chiedere denaro per proseguire la campagna d'Italia. La situazione fu ristabilita nel 1558 e la pace firmata nel 1559. Questo trattato tuttavia fece perdere i fondamentali possedimenti italiani della Francia e Caterina ne divenne furiosa. Il 10 luglio 1559 Enrico II morì in seguito ad una ferita all'occhio, ricevuta durante un torneo cavalleresco. Caterina, per manifestare il proprio dolore, decise che non si vestirà che di nero in segno di lutto. Cambiò quindi il suo emblema: la lancia spezzata con il motto «Da qui le mie lacrime, da qui il mio dolore». A Enrico II successe il figlio primogenito, Francesco II, ancora quindicenne. La prima preoccupazione di Caterina era la salute di suo figlio. Francesco II soffriva di una malformazione congenita. La morte di Francesco II, nel dicembre 1560, la ferì profondamente, ma le permise anche di prendere in mano le redini del potere. Carlo Massimiliano non aveva che dieci anni nel 1560. Salì sul trono con il nome di Carlo IX. Il re Francesco non era ancora morto che Caterina si era già portata avanti: negoziava ormai con Antonio di Borbone, principe di sangue, per determinare chi tra loro due avrebbe tenuto la reggenza. L'emergere di Caterina de'Medici e di Michel de l'Hopital sulla scena politica fece sì che vi fosse una progressiva riduzione della pressione sui riformati. Il 17 gennaio 1562 Caterina de'Medici promulgò l'Editto di gennaio, che costituì una vera rivoluzione poiché rimise in causa il legame sacro tra l'unità religiosa e la continuità dell'organizzazione politica. La prima guerra di religione cominciò nel 1562 con la strage di Wassy, ad opera dei Guisa. La morte e l'imprigionamento dei principali capi della guerra permisero a Caterina di riportare la pace nel regno. Prendendo le distanze dai Guisa, la regina fiorentina accordò infine agli ugonotti la pace di Amboise nel marzo del 1563. L'editto prevedeva già una certa libertà di culto nelle case signorili e nelle città. Nell'agosto 1563 Carlo IX divenne maggiorenne. Caterina abbandonò la reggenza, ma Carlo IX le riconfermò immediatamente tutti i poteri già posseduti. Il mese di marzo segnò anche l'inizio del "grande viaggio attraverso la Francia" di Carlo IX, voluto e organizzato da Caterina. Il viaggio regale durò 28 mesi, fino al 1566. Ad ogni tappa il re si mostravva alle città insieme con la regina madre. Il 30 maggio 1574, Carlo IX morì di tubercolosi, lasciandole la reggenza del regno fino al ritorno in Francia dell'erede Enrico. Il duca d'Angiò, terzo figlio di Caterina, successe a suo fratello sotto il nome di Enrico III, dopo essere tornato in Francia dalla Polonia, di cui era stato eletto re. Enrico era il figlio preferito di Caterina e senza dubbio il più intelligente dei tre. Caterina lo lasciò governare da solo. Nonostante avesse ormai quasi raggiunto i sessant'anni, non esitò mai a pagare di tasca propria il prezzo dell'impopolarità della corona francese. Caterina de' Medici è divenuta agli occhi dei contemporanei una figura fuori dal comune che impone rispetto. Qualche giorno dopo l'assassinio del duca Enrico di Guisa al castello di Blois, nel dicembre 1588, del cui piano il re non l'aveva informata, Caterina si ammalò. Morì circondata dall'amore dei propri cari, ma completamente abbattuta per la rovina della sua famiglia e della sua politica. Poiché la Basilica di Saint-Denis era nelle mani dei congiurati, non poté esservi sepolta. Le sue spoglie rimasero a Blois ed entrarono a Saint-Denis solo ventidue anni più tardi.

Aprile


Aprile
 Ciao Aprile
con la zappa e col badile
abbiam preparato i nostri giardini
e tu li hai riempiti di fiorellini.

Tu risvegli la natura
fai fiorire tutto quanto
e se poi il caldo dura
i giardini sono un manto.
Margherite bianche e gialle,
e bellissime farfalle.

Gli uccellini nel loro nido
hanno un  canto assai giulivo,
la natura è bella assai,
e tu risplendere la fai.

Sei il quarto mese
ed hai trenta giorni
ma sei il preferito
e unaltr'anno ritorni

Lucia

Bada Caterina


Perry Como


Santa Caterina da Siena


 
Vergine e dottore della Chiesa,
patrona d'Italia

Lo si dice oggi come una scoperta: "Se è in crisi la giustizia, è in crisi lo Stato". Ma lo diceva già nel Trecento una ragazza: "Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia". Eccola, Caterina da Siena. Ultima dei 25 figli del rispettato tintore Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piacenti, figlia di un poeta. Caterina non va a scuola, non ha maestri. Accasarla bene e presto, ecco il pensiero dei suoi, che secondo l’uso avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre, anche davanti alle rappresaglie. E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua “cella” di terziaria domenicana (o Mantellata, per l’abito bianco e il mantello nero).La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di processionisti, tutti più istruiti di lei. E tutti amabilmente pilotati da lei. Li chiameranno “Caterinati”. Lei impara faticosamente a leggere, e più tardi anche a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi lei parla a papi e re, a cuoiai e generali, a donne di casa e a regine. Anche ai detenuti, che da lei non sentono una parola di biasimo per il male commesso. No, Caterina è quella della gioia e della fiducia: accosta le loro sofferenze a quelle di Gesù innocente e li vuole come lui: "Vedete come è dolcemente armato questo cavaliero!". Nel vitalissimo e drammatico Trecento, tra guerra e peste, l’Italia e Siena possono contare su Caterina, come ci contano i colpiti da tutte le sventure, e i condannati a morte: ad esempio, quel perugino, Nicolò di Tuldo, selvaggiamente disperato, che lei trasforma prima del supplizio: "Egli giunse come uno agnello mansueto, e vedendomi, cominciò a ridere; e volse ch’io gli facessi il segno della croce".Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI. Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377. Parla chiaro ai vertici della Chiesa. A Pietro, cardinale di Ostia, scrive: "Vi dissi che desideravo vedervi uomo virile e non timoroso e fate vedere al Santo Padre più la perdizione dell’anime che quella delle città; perocché Dio chiede l’anime più che le città". C’è pure chi la cerca per ammazzarla, a Firenze, trovandola con un gruppo di amici. E lei precipitosamente si presenta: "Caterina sono io! Uccidi me, e lascia in pace loro!". Porge il collo, e quello va via sconfitto. Deve poi recarsi a Roma, chiamata da papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente. Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni. Sarà canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d’Italia con Francesco d’Assisi. E nel 1970 avrà da Paolo VI il titolo di dottore della Chiesa.La festa delle stigmate di S. Caterina è, per il solo ordine domenicano, il 1° aprile.

Patronato: Italia, Europa (Giovanni Paolo II, 1/10

Etimologia: Caterina = donna pura, dal greco

Emblema: Anello, Giglio

Autore: Domenico Agasso

giovedì 28 aprile 2016

OGGI Venerdì, 29 Aprile 2016

È il 120º giorno del calendario gregoriano 
Mancano 246 giorni alla fine dell'anno.

Santi e Beati
S. Caterina da Siena, Patrona d'Italia
S. Pietro da Verona, San Severo di Napoli, Sant' Ugo di Cluny
 
PROVERBIO
Aprile fa i fiori
e Maggio ne ha gli onori
 
FRASE DEL GIORNO
Come l'amore cresce dentro di te,
così cresce la bellezza.
 Perché l'amore è la bellezza dell'anima.” 
 (Sant'Agostino)
 
PENSIERO DEL MATTINO
Alcune persone sono così appassionate della sfortuna
che corrono in mezzo alla strada per incontrarla.
(Douglas Jerrold9
 
MASSIMA DEL GIORNO DIVERTENTE
Amo molto parlare di niente.
È l'unico argomento di cui so tutto.
(Oscar Wilde)

Buongiorno con un pensierino

 
Non compiangiamoci...
Non restiamo indifferenti
Dobbiamo essere pieni di speranze
per noi e per i nostri figli.
Insegnamo loro a lottare per l'Ideale dell'Onestà.
Senza invidie per chi ha di più.
Spiegando che c'è chi ha molto meno.
Insegnamo l'amore  e la fratellanza
e piano piano questo mondo risorgerà dalle ceneri.
 
Lucia

Buona continuazione di serata

 
Buonanotte a chi sa mandar via i pensieri
e si riempie la mente di desideri.
Arriverà sicuramente un sogno a riempire la notte.

Giorno piovoso

Quante parole stanche
mi vengono alla mente
in questo giorno piovoso d'aprile
che l'aria è come nube che si spappola
o fior che si disfiora.
Dentro un velo di pioggia
tutto è vestito a nuovo.
L'umida e cara terra
mi punge e mi discioglie...

 

Vincenzo Cardarelli

ed ebbe inizio il canto di Napoli. 1700/1800


1788 Pagliaccio......anonimo

˚✰˚Tanti Auguri ˚✰˚ ad Anna Oxa ˚✰˚


28 aprile 1961 Bari

OMAGGIO a Giorgio Consolini


è stato un cantante italiano.
Data di nascita: 28 agosto 1920, Bologna
Data di morte: 28 aprile 2012, Bologna

OMAGGIO a Ciccio Ingrassia


All'anagrafe Francesco Ingrassia,
è stato un attore, comico e regista italiano.
Insieme a Franco Franchi ha formato una coppia di comici entrata nella storia della cinematografia italiana come Franco e Ciccio.
Data di nascita: 5 ottobre 1922, Palermo
Data di morte: 28 aprile 2003, Roma

OMAGGIO al Grande Gilberto Govi


Nome d'arte di Amerigo Armando Gilberto Govi,
è stato un attore italiano. Fondatore del teatro dialettale genovese, è considerato uno dei simboli della città della Lanterna.
Data di nascita: 22 ottobre 1885, Genova
Data di morte: 28 aprile 1966, Genova

Quanta terra serve a un uomo?

 


Lev Tolstoj aveva scritto nel 1885 un racconto che narrava la storia di Pachòm, un contadino ossessionato dal possesso della terra, con il titolo  Quanta terra serve a un uomo?.
Pachòm vive con moglie e figli nella Siberia Orientale, lavora e il suo lavoro permette di mantenere onorevolmente la famiglia.Ma il suo appezzamento di terra gli pare ogni giorno sempre più piccolo e quando sente raccontare di luoghi in cui i terreni sono straordinariamente fertili o particolarmente a buon mercato, si mette in viaggio. Un viaggio che lo porta, famiglia appresso, lontano. Nuove terre, spazi più ampi da coltivare, ottimi raccolti. Ma il desiderio di avere ancora di più non si placa e il viaggio continua inseguendo parole e immagini. L'ambizione e l'aspirazione a possedere annebbiano la sua mente, e schiavo di un sogno, si ritrova a compiere gesti superiori alle sue forze. Pachòm si reca dai Baškiri, un popolo ospitale e ingenuo, nel cui territorio sono disponibili enormi quantità di terra fertile non coltivata. Pachòm cerca di comprare della terra e si sente rispondere che per 1000 rubli può acquistare un appezzamento di terreno il cui perimetro corrisponde al percorso che riuscirà a fare in un giorno di cammino; se tuttavia prima del tramonto non riuscirà a ritornare al punto di partenza, Pachòm perderà i suoi 1000 rubli. Pachòm accetta: si crede capace di percorrere almeno 50 verste in un giorno, un percorso in grado di delimitare una superficie enorme di terreno. Pachòm cerca di delimitare quanta più terra è possibile. Poco prima del tramonto si rende tuttavia conto di essere lontano dal punto di partenza; per evitare di non fare in tempo inizia a correre più veloce che può. Arriva finalmente al punto di partenza proprio quando il sole sta tramontando. I baškiri gli fanno i complimenti, ma Pachòm, esausto per la fatica finale, cade a terra morto. Un suo dipendente scava allora una fossa lunga soli tre aršin di lunghezza (poco più di due metri): è l'ironica risposta al quesito contenuto nel titolo del racconto.

OGGI Giovedì, 28 Aprile 2016

È il 119º giorno del calendario gregoriano 
Mancano 247 giorni alla fine dell'anno.

LA CHIESA RICORDA 
Santi e Beati
Santa Valeria
Santi Pietro Chanel e Luigi Maria (Grignion) da Montfort,
Sant' Eusebio, Santa Gianna Beretta Molla,  San Vitale,
Beato Giuseppe Cebula, Beata Maria Ludovica di Gesù Trichet,
San Panfilo di Sulmona,  

PROVERBIO
Cento cavalli non possono tirare indietro una parola data
 
AFORISMA
Gli uomini che aspirano ad essere liberi difficilmente
possono pensare di rendere schiavi gli altri.
Se cercano di farlo, non fanno che rendere più strette
anche le proprie catene di schiavitù
[Mohandas Karamchand Gandhi]

FRASE DEL GIORNO
Le donne sono fatte per essere amate
e non per essere comprese
(Oscar Wilde)
 
PENSIERO DEL MATTINO
Il mondo è quello che pensiamo che sia.
Se possiamo cambiare i nostri pensieri,
possiamo cambiare il mondo.
(HM Tomlinson)

mercoledì 27 aprile 2016

Buongiorno a chi passa da quì

Buonanotte

 


☆ ¸.·´¯)Buonanotte Amici(¯`·.¸☆
Arriva per tutti quel momento in cui… non ti resta far altro che alzare il volume, e sperare che il volume della musica superi quello dei pensieri. Fate bei sogni(¯`·.¸☆